Forse
qualcuno di voi si sentirà tradito dopo aver finito di leggere
questo post, io stessa mi sento un po' tradita.
Il
motivo è semplice: l'ho fatto. Mi sono rivolta ad un centro per
disturbi alimentari.
Non
mi era mai capitato di piangere tanto davanti a perfetti sconosciuti,
durante il colloquio ho impiegato più di venti minuti ad
arrivare al punto.
Prima,
ho parlato solo di bullismo.
Sono
scoppiata a piangere non appena mi è stato chiesto di spiegare
perché fossi andata lì, ho continuato durante tutta l'ora di
colloquio che abbiamo avuto.
Alla
fine dell'ora mi trovavo con
•un
appuntamento per la settimana dopo(22 Maggio)per alcuni test di cui
non ho capito il nome
•uno
per quella dopo ancora( 1 Giugno) in ospedale.
Paradossalmente
ho paura che mi dicano che non ho un dca, che sono solo una ragazzina
viziata che si diverte a manipolare gli altri.
Ho
fatto un incubo proprio su questo presunto finale qualche notte fa.
Se
da un lato sono dilaniata dal dolore, dall'altra parte sto perdendo
peso, mi sto controllando, stanno tornando sensazioni che credevo di
avere dimenticato e che mi fanno sentire potentissima e, guarda un
po' il caso, sto migliorando con la patente e inizio a mettermi in
riga con lo studio.
Inizio
a stare così bene che la possibilità che mi venga strappato via
tutto solo perché sono stata così debole da rivolgermi ad un
centro, mi fa andare fuori di testa.
Eppure
ho bisogno di dare un nome preciso a questo dolore.
Eppure
non lo voglio questo dolore ma non voglio guarire se mai fosse
confermato quello che finora è stato solo ipotizzato.
Cosa
sarei io? Cosa rimarrebbe sotto?
Probabilmente
solo una massa di insicurezze e paure accompagnate da un brutto
carattere.
Una
perdente su tutti i fronti.
È
tutto così confuso, incasinato.
Forse
sono pazza soltanto.
Ieri
mia madre( all'oscuro di tutto quello che sto facendo) mi guarda e
afferma di vedermi dimagrita, mi chiede se voglio morire. Ovviamente
l'ho mandata a quel paese, si stava avvicinando troppo, mi fermerebbe
non voglio.
Neanche
dieci minuti dopo é tornata all'attacco pregandomi quasi di
rivolgermi allo stesso centro in cui è stata ricoverata mia cugina,
a Modena. Continuavo a dire di no, così mi ha minacciato di pesarmi,
non può controllarmi, ho detto di no anche a questo.
Mi
ha detto di pensarci su, oggi credo abbia chiamato qualcuno per
cercare appoggio o semplicemente informazioni.
Molti
di voi si chiederanno perché la sto tenendo all'oscuro. Domanda più
che lecita.
Bhe
per farla breve (scrissi un post tempo fa per chi fosse curioso) un
anno e mezzo fa circa mi rivolsi al consultorio della mia città per
lo stesso motivo, dal momento che ero ancora minorenne, l'allora
psicologa chiese di parlare con i miei genitori( venne sono mia
madre) che quando sentì "presunto dca", " presunto
disturbo della sfera emotiva" accompagnati dalla parola
psichiatra e ospedale, negó tutto dicendo che se ne sarebbe accorta
se mai qualche cosa non fosse andata, insomma lei mi controllava.
Peccato
che allora pesassi circa 41 chili, ora ne peso molti di più ed é
allarmata.
Non
capisco davvero.
Non
ho intenzione di dire nulla nè a lei, nè a papà, unico problema
all'orizzonte al momento è che sarà inviata una lettera al mio
medico curante per informarlo del percorso intrapreso e dei risultati
dei test, medico che è abbastanza amico di mio padre e che ho paura
spifferi tutto la prossima volta che si incontreranno.
Devo
assolutamente parlare con il mio medico, non può infrangere il
segreto professionale in questo modo, ho vent'anni ormai, determinate
scelte sono solo le mie, ai miei genitori non deve interessare.
Parlo
per via ipotetica, se mai si dovesse scoprire che ho un dca e i miei
lo venissero a sapere,per prima cosa succederebbe un casino, molto
probabilmente mia madre si dispererebbe e mi controllerebbe ancora di
più di quanto non faccia rendendo la cosa insostenibile.
Poi
dovrei ammettere che aveva ragione ed è una cosa che non posso fare
assolutamente non tanto per orgoglio ma per la totale mancanza di
tatto due anni fa ( l'episodio che raccontavo prima) che continuo a
non perdonarle quando la voglia di fare qualcosa per davvero c'era,
mica come ora dove è tutto confuso.
Nella
mia testa è tutto perfettamente chiaro, se devo risalire, se proprio
devo, prima ho bisogno di raschiare il fondo, di edificare la mia
casa lì.
Lo
psicologo l'ultima volta ha detto che non è tra i suoi obbiettivi
strapparmi via queste strategie di compensazione( non ha usato queste
parole ma il concetto é lo stesso) ma parlare per capire, che devo
essere io a fare il passo.
Per
andare avanti con le visite devo pagare di tasca mia, cosa che posso
permettermi solo se ottengo l'esenzione. Esenzione che mi sarà data
solo se inizio un percorso. Per iniziare un percorso devo fare il
passo che non sono sicura di voler fare.
Senza
mezzi termini è proprio una merda.
Non
ho mai creduto al detto " si chiude la porta, si apre un
portone".
Non
ho mai gradito le cose incerte, non posso lasciare le mie sicurezze
ora, non adesso che finalmente stanno tornando aiutandomi a
mettere ordine fuori e dentro di me.
Non
posso davvero non posso.
Intanto
il 1 giugno sembra così lontano, nel frattempo vivo sempre di
più nella paranoia che il mio medico spifferi tutto e che quando
andrò in ospedale e si parlerà di quanto emerso mi
diano della bambina viziata.
Forse
ho davvero un dca, non so se l'ho voluto mai ma sicuramente ho
bisogno di sentirmelo dire.
Dare
un nome, un'etichetta di quelle che tanto odio e amo.
Questo
dolore ha forse un nome, forse.