Spesso
ho pensato che avrei fatto l'università a Bologna. Ho immaginato la
casa nella quale sarei andata ad abitare, piccola e non troppo
illuminata, ma pur sempre accogliente. Ho immaginato giornate intere
di autogestione alimentare, un frigo pieno soltanto di insalata e
verdure. E una poltrona, in mezzo alla sala, abbastanza grande da
riuscire ad accovacciarmi sopra.
Ho
immaginato di camminare per le vie del centro, infreddolita, mentre
con gli occhi guardavo distrattamente vetrine e passanti.
Ho
immaginato di essere libera e controllata.
Penso
a Bologna come la città della rinascita.
Stamattina
mente studiavo guardavo su internet consigli per andare a vivere a
Venezia, immaginavo di passeggiare per le calli, ponti, prendere il
battello o affrettarmi verso casa perché c'è il rischio che venga
l'acqua alta e sia sprovvista di stivali.
Eppure
a Venezia troverei la mia morte, così come a Bologna, ma a Venezia
sicuramente durerei molto di meno.
Il
mio problema é che ho il costante bisogno di essere salvata, da
qualsiasi cosa, da qualsiasi situazione.
Ho
costantemente bisogno che gli altri vedano che stia male e mi diano
una mano.
Ho
fame d'amore, di attenzioni, di sguardi interessati.
E
lo so che se voglio salvarmi devo farlo da sola, che nella vita mi
devo scantare perché nessuno mi regalerà mai nulla.
Eppure
io non voglio salvarmi, dovrei abbandonare la sofferenza, la coperta
che seppur pesante mi ha sempre tenuto al sicuro.
Ho
paura del mondo lì fuori.
Sono
piccola e indifesa, sanguino ed è pieno di squali.
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